Dott.ssa Gloria Giuditta Piperno
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20-09-2023

BARBIE, il film

Una rosa è una rosa, rosa.

Barbie Barbie Barbie. Quando ero bambina le Barbie si chiamavano tutte Barbie, ma non mi era mai venuto in mente che Barbie fosse un nome proprio. Per me la Barbie non era un nome ma una specie. La specie Barbie. Infatti tutte le Barbie erano più o meno uguali. Erano rosa ( tranne la Barbie ballerina che aveva la pelle scura ma il nasino all′insù e labbra sottili). Le Barbie, insomma, erano delle signorine con le gambe lunghe e avevano i capelli. I Ken, erano di un′altra categoria, perché avevano i capelli disegnati. La più grande differenza tra il Ken e la Barbie non era il sesso, assente in entrambi, erano i capelli. Ho visto il film Barbie e ci ho trovato molte cose. Prima di tutto l′odore. L′odore di nuovo che emanava dalla confezione appena la aprivi. Quell′odore di Barbie nuova, di plastica e perfezione. Era l′antitesi della vita, l′antitesi della relazione (le Barbie non facevano cose, non agivano: esistevano al più per essere contemplate. Le Barbie, infatti, non stavano in piedi da sole. Dovevi tenerle strette per la loro vita stretta. Avevamo la loro vita in mano. Erano così piccole e perfette. E avevano le tette. Nel film si vede bene: per spostarsi da un piano all′altro della sua bella casetta, le Barbie volano. I piedi servono solo a indossare le scarpette. Oddio le scarpette! Come Cenerentola! Ma se Cenerentola è per una notte, Barbie è per sempre. E infatti il punto è proprio questo. Il film annega Barbie nel suo rosa infinito. Una rosa è una rosa è rosa. Barbie è Barbie, è lo stereotipo bellissimo senza un problema al mondo. Da lei ci si aspetta il nulla patinato e niente più. Ma questa Barbie nel film, non ce la fa: si annoia. Si annoia di Ken, che la guarda, sospira, la sera vorrebbe fare qualcosa con lei (ma cosa???), si annoia dei cocktail party con le amiche, del sole che splende, del mare azzurro-per-l′eternità, e sceglie (inconsciamente sceglie) la realtà. Sì, se potessimo ribattezzare questa Barbie in crisi esistenziale potremmo chiamarla: Barbie Eva che morde la mela. Così, dopo la cacciata (è Barbie-stramba, già rovinata e sfregiata, che le indica la via d′uscita dal paradiso) Barbie-Eva realizza che i piedi servono per camminare. Cammina cammina, Barbie-Eva incontra una donna anziana seduta su una panchina e scopre che il tempo della vita non è infinito.. Sì, cara Barbie, si può fareeeee! Si può morire. Ma non tutto il male viene per nuocere. Barbie entra in contatto con la realtà e scopre che nel mondo reale le donne hanno un problema serio, anzi, più di uno. Essere donna non è essere rosa. Già. Barbie si accorge anche che gli uomini, i maschi, nella vita reale, non sono Ken: non hanno bisogno del suo sguardo per esistere, anzi. Gli uomini reali, nella realtà la fanno da padroni, Barbie li vede bene: non sono tutti dotati di grande perspicacia ma ugualmente comandano, decidono, hanno creato il mondo a loro immagine e somiglianza. Non è, quello reale, un mondo per donne. Proprio per niente. Ma qualcosa si muove. Gloria, la donna reale, annega nei problemi: deve lavorare ( ma i suoi capi da lei si aspetterebbero di più), deve fronteggiare la figlia ( una figlia che da lei si aspetterebbe molto, molto di più), forse ha un compagno (ma dovè?), è triste, è spaventata, è frustrata e si sente sola. Bene. Il centro del film è proprio il grande sfogo di Gloria, il manifesto della donna reale alle prese con la realtà: sono una donna - grida Gloria - ma per andare bene devo essere mille donne. Altro che Barbie. Per essere all′altezza di questo mondo maschio-centrico devo essere: bella, sempre sana, sempre giovane, prestazionale, professionale ma simpatica, propositiva, attiva, buona madre comprensiva ma solida, empatica, sportiva, frivola ma profonda, generosa ma non remissiva, una tigre dai denti a sciabola con dentro un coniglietto con dentro un cuore che sanguina. In pratica. E quindi cosa capisce Barbie - Eva che mangiato ha la mela? Che la vita è una grande fatica, ma lì, in quello sguazzare nell′acqua torbida dell′imperfezione, se si è disposti a sporcarsi un po, a toccare e ad essere toccati dalla brutalità e dall′amore, c′è la vita vera. E così Barbie Eva, come Pinocchio a suo tempo, si incarna, perde il paradiso ma in cambio riceve il kit realtà: un paio di Birkenstok (le scarpe meno sexy del pianeta) e una visita dal ginecologo. Perché finalmente anche lei ha diritto a una foglia di fico.